Racconto di un pellegrinaggio
Scritto da un nostro pellegrino
Un pellegrinaggio iniziato come tale e finito come un viaggio attraverso noi stessi, attraverso la nostra storia, la nostra esperienza, il nostro vissuto. Il mettersi in cammino in Terra Santa è una esperienza unica che ribalta gli sfumati pregiudizi e l’assenza di aspettative con cui eri partito. Incontri di bellezza, di riflessione su nuove prospettive sono motivazioni forti per scegliere di partire. Ma, in molti casi, tali motivazioni le scopri, le tocchi con mano solo durante il pellegrinaggio. La Terra Santa luogo caro a diverse culture e religioni dove ognuno trova la sua meta e la sua origine.
Se poi a guidarti hai un testimone Maestro come Padre Renato, supportato dall’Agenzia Frate Sole di Bologna, con la Sua commovente passione e conoscenza, con i suoi costanti insegnamenti (ogni angolo di quel luogo è per Renato, motivo di rievocazione, di riferimento alle fonti e passione di fede) è possibile comprendere profondamente e sperimentare il senso dell’“hic” come origine del tutto. Ma perfettamente contestualizzato nella storia di oggi, nel nostro tempo, e, nell’arco di una settimana, muta anche il modo di guardare la realtà del quotidiano.
Un luogo con una storia estremamente complessa, fatta di persone, case, pietre, che si costruiscono e si distruggono con il passare del tempo, un luogo quello Santo che muta, ma al tempo stesso sa stringere al cuore ciò che è avvenuto, custodendolo. È una terra trasfigurata: il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Il miracolo che si respira, ma, meglio, si può toccare con mano, è che tutto questo accade lì per l’Uomo, per l’umanità intera, per gli uomini di Fede delle tre più grandi religioni monoteiste. E’ tangibile la difficoltà della convivenza, ma soprattutto, decisamente più travolgente, la potenza della Forza dell’hic.
La bellezza degli incontri personali e spirituali, la bellezza dei luoghi dal cielo di un azzurro emozionante: la luce dei paesaggi della Terra Santa diventa luce per la mente, per la conoscenza e i tuoi occhi sono così attratti dal mondo da non poter che meravigliarsi. Parlo anche della luce quando crea le ombre e definisce così l’aspetto delle cose, le mostra per quelle che sono. Il camminare in Terra Santa è stato come questa Luce: ha dato nuova forma ai pensieri, li ha trasformati in gioia grazie al senso dato alle ombre.
Un’altra cosa che colpisce è la folla e la apparente confusione di Gerusalemme: abbiamo pregato e camminato in chiese colme di turisti forse frettolosi, di credenti che manifestavano devozione o che vivevano la propria fede in intimità, tra le preghiere dei Muezzin e la Shachrit ebraica. Ma sicuramente accomunati da una cosa: essere lì, sopra a Pietre parlanti di enorme umanità e della sua origine. Quella folla, forse, rappresenta la multiformità del quotidiano.
In Terra Santa non si può non parlare di contrasti, e l’immagine che più mi ha colpito è quella del muro:
il muro del pianto, le mura che circondano Gerusalemme, il muro che divide Israele con la Palestina, i muri che oscurano le case, i muri oltre i quali non si può passare, allora il pensiero va inevitabilmente ai nostri muri, quelli invisibili, non fisici ma presenti e resistenti nelle nostre vite. Questo posso dire però al ritorno dal pellegrinaggio: qualche muro della mia vita l’ho abbattuto.
Torni e ti senti migliore, non perché più “devota” (forse, non lo sei per niente), ma perché il punto di vista che avevi prima partire si è decisamente proiettato in avanti, facendoti rendere conto dell’immobilità da cui sei partita e delle enormi potenzialità del viaggio che, al ritorno, hai appena iniziato.
Che dire…. Buttatevi, tanto nel Mar Morto si galleggia!