Archeologia spirituale: riflessioni sul pellegrinaggio in Turchia
di Francesco Zaratti, fisico e analista
Come alcuni lettori avranno notato, magari con più sorpresa che piacere, ho spento il Satellite Lunare per un mese a causa di un viaggio turistico-spirituale in Turchia, precisamente alle “Sette Chiese dell’Apocalisse”.
Per coloro che non hanno familiarità con le Scritture, in Apocalisse – l’ultimo libro della Bibbia, scritto verso la fine del I secolo – c’è una sezione delle sette lettere di Cristo alle comunità di sette città che si affacciano sul Mar Egeo e sulle isole greche; città ricche e famose in particolare nel periodo ellenistico e romano.
Cosa si visita in questo tour-pellegrinaggio? Non ci sono affatto sette templi cristiani: non c’erano al tempo dell’Apocalisse e non ci furono fino all’era bizantina.
Né sette città: la maggior parte di esse non esiste più sul sito originale e altre sono state trasformate da successive ricostruzioni, dopo devastanti terremoti. Ad esempio, l’antica Smirne è sepolta sotto la seconda città più grande della Turchia (Izmir) e nessuno pensa di demolire quella nuova per riportare alla luce le rovine dell’antica città. A proposito, il passato, calpestato!
Ancora meno sono sette “comunità” cristiane, eredi di quelle del primo secolo. Il cristianesimo oggi è quasi totalmente cancellato da quella regione e, in generale, dalla Turchia, ad eccezione dei migranti provenienti dai paesi cristiani che con molto sacrificio continuano a coltivare la fede. In effetti, la laicità tradizionale della Turchia ha lasciato il posto a un’alleanza politica tra il governo e il clero musulmano, che finisce per discriminare le altre religioni.
Ebbene, quella che si visita è un ricordo, dei pionieri e dei martiri del cristianesimo, ma soprattutto una geografia: la stessa che esisteva duemila anni fa e che i cristiani delle sette chiese contemplavano. Le sue fertili vallate, le sue montagne ricche di marmi, materia prima di monumenti antichi, i suoi possenti fiumi che assicuravano vita e produzione, e il suo clima, caldo e accogliente.
La geografia e la memoria biblica permettono di realizzare una sorta di archeologia spirituale. Infatti, se è vero che la Chiesa cristiana è nata in Palestina, “a partire da Gerusalemme”, non è meno vero che è cresciuta e maturata in Asia Minore, grazie alla fede e all’impegno di comunità cristiane marginali nella cultura del loro tempo, ma perseveranti nelle prove che hanno sopportato. Da queste città, e da altre vicine, i missionari andarono poi verso est e ovest, per portare la Buona Novella che ricevettero dagli apostoli Giovanni e Paolo, i più attivi in quella regione, fino a … noi. Questo protagonismo continuò nell’era post-costantiniana (IV secolo) con il rafforzamento della fede nei concili tenuti in quella regione (Efeso e Nicea). “Se il chicco di grano non muore…” vale anche per i “bastioni” della fede cristiana del mondo di oggi, destinati, forse, a diventare nel futuro luoghi di pellegrinaggio archeologico.
Infatti, la regione delle Sette Chiese vive di un turismo in espansione anche “ecumenico”. Le autorità archeologiche turche hanno compreso la necessità di dare priorità agli scavi dell’era cristiana. Sono rimasto colpito da Laodicea, dove sono state recentemente restaurate strutture di epoca giustiniana (VI secolo), portando alla luce imponenti resti di chiese.
Un’antica tradizione narra che sulle alture di Efeso visse la madre di Gesù al seguito dell’apostolo Giovanni. “Meryem Ana” un’umile struttura in pietra in mezzo al bosco, riceve all’anno più di un milione di devoti, pellegrini e turisti, cristiani e musulmani.
Vedo in lei, con speranza, il segno che, più di altri mezzi, sono i luoghi umili quelli che riescono ad avvicinare gli uomini.
- di Francesco Zaratti, fisico e analista
- per la rubrica “El satelite de la luna” sul quotidiano boliviano “Pagina Siete”
Traduzione dell’autore.