Pellegrinaggio estivo in Terra Santa
Con Istituto di Scienze religiose di Rimini
Sapete cosa rende unico un viaggio, un libro o una canzone che vi mette la pelle d’oca? Tutte queste cose finiscono. Se durassero per sempre non avrebbero quella bellezza che appartiene solo a ciò che invece ha un inizio e una fine.
Un pellegrinaggio iniziato come tale e finito come un viaggio attraverso noi stessi, attraverso la nostra storia, la nostra esperienza, il nostro vissuto. La Terra Santa luogo caro a diverse culture e religioni dove ognuno trova la sua meta e la sua origine.
Per me era la terza volta che tornavo nella Terra di Gesù, ma le nostre guide, fra Mirko e don Gabriele, ci hanno fatto appassionare e sperimentare, oltre che conoscere, il senso dell’“hic” come origine del tutto.
Volevo posare i miei occhi sulle cose che erano state oggetto dello sguardo di Gesù: tutti gli elementi naturali che, per quanto siano cambiati in 2000 anni sono sempre gli stessi. Mentre ero lì ho preso coscienza che Gesù era veramente passato, vissuto, aveva ascoltato e curato tanti malati e soprattutto peccatori.
Siamo partiti dal deserto, il luogo in cui Dio si mostra, ha la possibilità di parlare con il proprio Figlio amato, quindi anche con noi. Il deserto ci ha fatto sperimentare le nostre fragilità, richiamandoci all’essenziale. È bastato poco per dimenticare le distrazioni della vita quotidiana per ritrovare una pace e tranquillità in cui poter conversare con “l’amato” (senza, però, dimenticare la fatica e il sudore di quando si cammina sotto il sole cocente il 23 agosto). Passando per la grotta della Natività (restaurata di tutto punto) e per la sontuosa Basilica dell’Annunciazione (dopo aver fatto un veloce bagno al Mar Morto), siamo giunti a Gerusalemme: qui abbiamo fatto l’esperienza di quanto Cristo fosse stato abbandonato e solo quella notte nel Monte degli Ulivi, al Getsemani e sulla croce. Tale consapevolezza, però, ci ha aiutato a comprendere come Dio trova, anche nel dolore e nei nostri momenti di difficoltà, la possibilità di salvarci e riscattarci dal peccato.
Un momento unico è stato quando abbiamo rinnovato le promesse battesimali al fiume Giordano: di nuovo, dopo essere stati chiamati per nome, ci è stata data l’opportunità di purificare il nostro corpo per cancellare il male dentro di noi.
Significativo anche il girono in cui siamo stati al lago di Tiberiade: un luogo di pace e tranquillità, in cui sembra ancora riecheggiare nell’aria le Parole di Gesù; sembra che tutto si sia fermato, Pietro e gli altri apostoli sono tornati dalla pesca e Gesù risorto è lì insieme a loro che arrostisce il pesce. Ho veramente potuto “annusare” il profumo del Risorto.
Sicuramente Israele è un paese fortemente diviso da guerre e lotte interne: è un dolore al cuore ogni volta vedere e dover attraversare un muro altissimo e lungo centinaia di metri per spostarsi da una città all’altra, tutto ciò nella città in cui è nato il Dio della Pace. “Pace su Israele, pace su Gerusalemme” come dicevano i profeti è ancora oggi il grido che si eleva da quella città.
Il clima che si respira e si vive è surreale, soprattutto a Gerusalemme: odore di nardo e incenso in ogni via, anche in quelle più piccole, tantissime lingue e tradizioni che si incrociano tra loro senza problemi (mentre suonano le campane, cantano i muezzin). Tanti odori e spezie inebriano il naso dei partecipanti: si distinguono alcuni sapori e odori decisi e a ogni angolo della città trovi qualcuno che ti offre una buonissima spremuta di melograno.
Ora che sono tornata a casa rivivrò sicuramente con più fede, autenticità e profondità i brani del Vangelo accaduto nei luoghi che ho visitato; questo mi aiuta a capire che il compito del pellgrino-viaggiatore è tornare e annunciare ancora in modo più forte e caparbio il messaggio di amore e salvezza che Gesù ci ha portato.
L’unica cosa che mi è dispiaciuta è che non siamo riusciti a vistare Gerico e la città in cui si ricorda l’incontro tra Maria ed Elisabetta, ma penso che sia la scusa per farmi ritornare almeno un’altra volta.
Elena Pizzano