Pellegrinaggio in Terra Santa 2013 con Luca Bombelli
Pubblichiamo il racconto di Lucia Iannotta, rientrata dal pellegrinaggio in Terra Santa dal 28 marzo al 4 aprile. L’immagine che correda il racconto è della signora Ippolita Reytani.
A RITORNO DALLA TERRA SANTA
Volevo posare i miei occhi sulle cose che erano state oggetto dello sguardo di Gesù: le colline, le valli, il vento, il deserto , il fiume, la roccia, la salita di Gerusalemme, tutti elementi naturali che per quanto siano cambiati in 2000 anni son sempre gli stessi. Mentre ero lì immaginavo i piedi di Gesù e degli apostoli che si spostavano da Nazaret a Cafarnao, da Cafarnao a Gerico, da Gerico a Gerusalemme. Ho visto dove è nato. Si, forse non è proprio quel punto ma comunque è nato in una grotta. Poteva venire al mondo in un sontuoso palazzo romano, in una modesta casa palestinese, invece è nato in una grotta.; del resto Maria e Giuseppe abitavano in una grotta come la maggior parte degli abitanti della Palestina a meno che non fossero ricchi e amici dei Romani. E’ scattato subito il giudizio sulla nostra opulenta e dissacrata civiltà che si regge sulla falsità e la menzogna. Mi sono sentita per un attimo schiacciata e il momento dopo liberata perché improvvisamente hanno acquistato senso le parole di San Paolo: avete molto; ma fate come non possedeste niente. E’ l’unica possibilità di salvezza che non è l’effetto di un attimo ma la conseguenza di un cammino con Lui e dietro di Lui.
Il muro del pianto (kotel) pensavo fosse la memoria della disperazione perché è il muro del tempio distrutto dai Romani nel 70. Ho scoperto che quel muro simbolicamente non è invalicabile, non ha in alto cocci aguzzi di bottiglia, come dice Montale, ma è il muro che separa l’amante dall’amato e viceversa, proprio come è scritto nel Cantico dei Cantici. Gli amanti si inseguono, si cercano ,si uniscono ma c’è sempre tra loro qualcosa che li separa, c’è sempre un ostacolo che non è un impedimento ma lo stimolo a rincorrersi, a richiamarsi sempre. Le preghiere, le invocazioni i biglietti scritti e infilati tra le fessure del muro sono un tentativo di contatto con Lui.
Il percorso ( Cenacolo, Monte degli olivi, Getsemani, la casa di Caifa), racconta quanto fosse solo quella notte Gesù. Se Dio non ha risparmiato al figlio la sofferenza e la solitudine vuol dire proprio che esse sono dimensioni dell’esistenza. Fanno paura, sembra che Egli ci abbandoni ma non è disperante perché è lo spazio che Dio si prende per non sottrarci alla sua presenza.
Sono tornata a casa a rifare le cose di sempre. Non è cambiato niente ma la memoria di Gesù e più viva, l’affezione a Lui ha cambiato stoffa, è più resistente, la convinzione che Egli non sia una idea platonica ma un fatto storico accaduto, si è rafforzata.
Tutte queste considerazioni sono state possibile grazie alla presenza di Padre Sergio che in prima persona ha fatto il suo pellegrinaggio.
Lucia