Festività ebraiche: Hanukkah
La feste delle luci
Oggi è il 25 di Kislev secondo il calendario ebraico ed è il giorno in cui inizia Hanukkah, la festa delle luci o della dedicazione. Non è una festa stabilita nella Bibbia ma una ricorrenza decisa dai grandi maestri del Talmud. Si ricorda quando nel 175 a.C. Antioco IV Epifane di Siria, salito al trono, impose agli ebrei un duro e violento processo di ellenizzazione: abrogò la legge ebraica (Torah) impedendo le pratiche del giudaismo (circoncisione, shabbat) e profanò il Tempio consacrandolo al culto pagano di Zeus. Il popolo non accettò questo processo ed organizzò una vera e propria resistenza: i nuovi nati erano circoncisi di nascosto, le feste venivano celebrate in casa clandestinamente e la Torah insegnata in segreto. Antioco IV, sconcertato dalla tenacia di questo piccolo e insignificante popolo, decise di erigere in varie città degli altari sui quali costringere gli ebrei a sacrificare animali impuri.
Mattatia, che era stato il sommo sacerdote del Tempio, si rifugiò nella città di Modi’in e quando il funzionario inviato da Antioco tentò di imporgli il sacrificio si rifiutò, uccise il funzionario e insieme ai suoi cinque figli si nascose nelle colline della Giudea organizzando la rivolta. Alla morte di Mattatia la resistenza fu continuata dal figlio Giuda detto il Maccabeo (da machabim ossia martellatore), il quale dopo aver sconfitto nel 164 a.C. le truppe di Antioco IV Epifane entrò nel Tempio profanato e cercò le ampolle di olio puro, perché la riconsacrazione del Tempio richiedeva che la Menorah rimanesse accesa in modo permanente. Sebbene i Maccabei avessero trovato una sola ampolla, sufficiente per un solo giorno, e sebbene fossero necessari otto giorni per produrre del nuovo olio, i sacerdoti decisero di accendere lo stesso le candele e miracolosamente l’olio durò per tutti gli otto giorni necessari.
La festa di Hanukkah viene celebrata seguendo una precisa liturgia: ogni sera viene accesa una candela in un candelabro a otto braccia, la Hanukkia, alle quali si aggiunge lo shamash (ossia colui che serve) nel quale è posta una candela che arde sempre e che si usa per accendere le altre otto.
Ogni oggetto del rituale acquisisce un senso grazie al suo significato simbolico: l’olio, rimanendo sempre se stesso anche a contatto con altre sostanze, indica che in ogni situazione, seppur difficile e drammatica, non bisogna rinunciare alla propria fede, ai propri valori e alla propria libertà; le otto candele accese, nel loro inesorabile consumarsi e nel loro trasformarsi in luce, evocano il bagliore che squarcia le tenebre e illumina la Creazione; lo shamash, ossia colui che serve o custodisce, insignificante ma indispensabile, con il suo gesto altruista permette alle otto candele di illuminare l’esistenza dell’uomo; il numero otto, il numero della trascendenza, rappresenta infine il nuovo inizio dopo i sette giorni della Creazione.
È una festa di gioia, come dimostrano le tradizioni ad essa collegate: in tutti i piatti preparati il protagonista è l’olio, che viene utilizzato per friggere le suvganiot, delle ciambelle farcite con marmellata e i latkes, delle frittelle a base di patate, uova e cipolle.
I bambini usano divertirsi con una trottola, sevivon, che rimanda al tempo dei Maccabei quando, costretti a studiare in segreto la Torah, tenevano pronte le trottole e in caso di irruzione dei soldati facevano finta di giocare. Il sevivon ha quattro facce e su ognuna di esse è incisa una lettera dell’alfabeto ebraico: nun, gimel, hei, pei, iniziali delle parole ebraiche “nes gadol hayah poh” ossia “un grande miracolo avvenne qui”.
È una festa molto sentita sia in Israele che nelle comunità della diaspora perché simboleggia la fede, l’eroismo e la libertà. L’episodio dei Maccabei ricorda ad ogni ebreo e ad ogni uomo che fare testimonianza della propria fede e dei propri ideali con coraggio, anche quando non sono “vincenti”, libera l’uomo non solo dalla schiavitù fisica ma dalla ben più pericolosa schiavitù spirituale. Il messaggio della Hanukkia accesa è dunque un invito a risplendere e a riscoprire dentro di se la scintilla divina della Creazione. Isaac Bashevis Singer nel suo libro “Una notte di Hanukkah” descrive le tradizioni di questa festa: sono otto racconti per ragazzi che simboleggiano gli otto giorni della dedicazione del Tempio e che trasmettono con grande delicatezza la speranza di una vita migliore anche quando tutto sembra perduto.
Non mi rimane che augurarvi Hag Sameach, buona festa!
articolo della nostra collega Francesca Arnstein