Pietre vive in Israele
Associazione Mondo X
Uscito dalla cucina, Bruno si reca nell’orto. Sotto il monte Tabor si stendono le colline della Galilea. Il giardiniere respira profondamente e comincia a lavorare: «Il tempo che trascorro qua è uno dei più sereni della mia vita». Bruno è uno dei giovani dipendenti da droga o alcol che attualmente vive nelle case della comunità Mondo X, cercando strade per uscire da quella schiavitù.
Nel santuario della trasfigurazione di Gesù dieci di loro aiutano la piccola comunità francescana ad accogliere i pellegrini.
«La X è l’incognita nella vita di ogni uomo», ci spiega padre Eligio, il frate minore fondatore di Mondo X. «Significa aiutare l’uomo a lasciar perdere l’apparenza e portarlo a guardarsi nel cuore, perché il vero volto dell’uomo è il mistero del cuore». Il frate milanese è in questo momento in visita dai suoi ragazzi sul Tabor. Francescano, settantasette anni, nella sua lunga vita ha fondato, oltre alle comunità di recupero Mondo X (oggi oltre 40), anche il Telefono amico (un punto d’ascolto aperto 24 ore su 24 grazie all’opera di centinaia di volontari) e la Fraternità della strada (al servizio delle varie forme di emarginazione sociale). Il sacerdote, figura carismatica, dice di se stesso di essere «innamorato di questo uomo solo, intelligente, meraviglioso, disperato, ammalato». In quarant’anni ha aiutato oltre 35 mila tra ragazzi e ragazze, dei quali la maggior parte in Italia. La casa nata al Tabor è una delle più recenti. Non è un caso che la Custodia francescana di Terra Santa abbia chiesto proprio a questa comunità per il recupero dei tossicodipendenti una collaborazione nell’accoglienza dei pellegrini. Intanto è un’opera francescana; in secondo luogo Mondo X ha una lunga esperienza nel campo alberghiero e dell’ospitalità: in varie parti d’Italia gestisce infatti alcuni ristoranti di ottimo livello, che sono una delle forme di sostentamento e di reinserimento sociale dei ragazzi ospiti. Anche sul Tabor la precisione e la cura sono principi fondamentali: lavorare con impegno, insieme a una vita strettamente comunitaria e scandita dalla preghiera, aiuta i ragazzi a ritrovare un passo fermo nel loro cammino. Coloro che portano avanti la comunità hanno passato la stessa esperienza: chi già è più saldo nella nuova scelta, gradualmente si assume sempre più responsabilità nella casa.
Ad Adriano, dopo otto anni di vita comunitaria in Italia, due anni fa è stata affidata la responsabilità della casa sul Tabor. «Ci incoraggiamo gli uni gli altri ad imparare l’amore per i fratelli, il rispetto ed anche a sacrificarci». Nell’esperienza di Adriano la rigidità delle regole è salutare: gran parte dei giovani viene da un’assenza totale di regole e trova qui un’impalcatura con la quale mettere ordine nella vita. L’aspetto religioso in Mondo X, sottolinea, è un invito, non un obbligo. Lui comunque è convinto che «la voce che chiama nel cuore dell’uomo» è Dio stesso, ed è la preghiera l’unica vera fonte di energia. Anche per Michele, che sarà il successore di Adriano, è così. Si considera «nato, morto e risorto»: la droga, dice, prima di tutto uccide l’uomo spiritualmente, ed aver ritrovato questa dimensione è il tesoro più grande per lui.
La via che porta alla libertà interiore passa attraverso la piccolezza del quotidiano. Il gruppo del Tabor ha sempre molto da fare: ogni giorno migliaia di pellegrini visitano il santuario. Mentre i quattro frati francescani sul monte santo si occupano della chiesa e della pastorale, i membri di Mondo X nel negozio chiamato La tenda di Elia vendono non solo souvenir e cartoline, ma anche caffè e gelati. Inoltre gestiscono la foresteria, che, su prenotazione, può ospitare 50 persone per la notte e fino a 170 per i pasti cucinati come vuole la migliore tradizione italiana. Anche il giardino e l’orto richiedono molta cura. L’accoglienza è riservata a chi viene per pregare, sottolinea Adriano – non è per i turisti. La maggior parte degli ospiti appartiene a gruppi ecclesiali, a chi si reca qui per gli esercizi spirituali.
L’idea di una comunità terapeutica sul Tabor è nata su proposta del Custode Pierbattista Pizzaballa, anche per offrire con il tempo una possibilità di recupero ai ragazzi locali vittime della droga.
Intanto si è però visto che la strada che una comunità di europei deve percorrere per inserirsi in una cultura talmente diversa come quella araba è molto lunga. Per esempio, spiega il Custode, in Europa chi si droga normalmente ha una relazione molto conflittuale con la propria famiglia, mentre nella società araba la famiglia «è tutto». Come primo passo sono stati mandati quattro ragazzi che chiedono di uscire dalla droga in Italia. Oltre a intraprendere il cammino terapeutico, si spera che possano poi essere la base per una comunità di lingua araba ad Emmaus.
Il Tabor ed Emmaus non sono stati scelti a caso: sono due piccole comunità francescane che devono affrontare un fiume sempre crescente di pellegrini e hanno quindi particolarmente bisogno di sostegno. Ma anche il messaggio spirituale proprio di questi due Luoghi Santi ha molto da dire ai ragazzi vittime della tossicodipendenza.
Ad Emmaus arrivarono i due discepoli sconfortati e perduti. Qui ritrovarono, spezzando il pane con il Cristo risorto, il senso della loro vita. Il Tabor invece è il luogo della trasfigurazione: la droga ha rovinato l’immagine dell’uomo; sul Tabor riacquista la sua luce incontrando il volto di Dio.
Padre Eligio descrive l’esperienza dei suoi ragazzi sul monte santo con queste parole: «Noi conosciamo l’uomo che esce dal fango, l’uomo umiliato e degradato. Ma l’uomo deve sapere che il suo destino è nella trasfigurazione. Cristo trasfigurato ci fa capire come sarà il volto del lebbroso, del disgraziato che ha incontrato finalmente l’amore».
Fonte: www.terrasanta.net