Trekking biblico in Terra Santa 2017
Racconto di una giornata d'agosto
I gatti, dappertutto. Ti osservano spanciati all’ombra, sulle pietre roventi. Perché qui anche le ombre sono infuocate.
Il caldo, che batte negli occhi, in testa, nel cuore. Perché ci si è portati da casa un pezzetto di cuore ciascuno, che era troppo tiepido da un po’. E invece si rimpie tutto, con questo zampillo caldo e batte forte perché è un po’ emozionato, di trovarsi qui.
Ogni angolo è una canzone. Un motivo diverso. Centomila lingue, centomila gesti che si incrociano per sbaglio.
Si scivola da un marciapiede all’altro e da una religione all’altra. Suonano le campane, cantano i muezzin, pregano i rabbini e tutt’intorno si sparge l’aroma di incenso.
Passi a migliaia su e giù per gli infiniti gradini, tra le vie del mercato. Sotto le mani i muri vecchi di mille anni, sorprendentemente freschi e lisci, impolverano i palmi, imbiancano i vestiti.
Il cielo a piccoli pezzi si fa strada tra gli stralci di stoffa appesi a ragnatela fra i muri. Lassù l’aria è limpida e blu. È -sempre- blu.
Gli odori. I sapori. Le spezie e i saponi. Il cuoio e le pelli, dolciastre e calde. Il cumino punge il naso, la cannella è invadente, l’origano profuma il pane caldo. Il sesamo si infila negli angoli e scricchiola sotto i denti. Il rosmarino che si fa strada in tutti i pertugi sassosi e da cui si impara che qualsiasi crepa si può colmare con qualcosa di vivo e profumatissimo. Gli ulivi maestosi, abbarbicati sulle salite più improbabili, grondanti di olive verdissime e acerbe, regalano ombra benedetta a chi viaggia sui piedi.
Menta e limone, zenzero, mandorle, carne allo spiedo. È l’ubriacatura dei sensi, la sensazione che si fa colore e odore. Assaporare con il naso, le mani, gli occhi, le dita.
La luce, rovente e bellissima, che rimbalza sui muri bianchi e dà una spolverata cristallina a tutto.
I bambini a mazzi di sei o sette, con i cordini bianchi che spuntano da sotto le magliette a righe. I padri in nero e bianco, bianco e nero, i cappelli grandi e un po’ buffi. Le barbe ruvide, lo sguardo calmo.
Lasciarsi invadere dalla follia colorata del mercato, da questo pazzo caleidoscopio di colori, dei melograni e delle torri di spezie, delle biciclette dei bambini arabi che sfrecciano ridendo sfiorando i passanti. Del vociare confuso, continuo, vivo.
Cogliere dettagli a sprazzi, mischiarli tutti e tenerseli dentro. Un ciondolo a forma di stella, un un bracciale verde, una tazza di tè, un libro antico, una spada.
Le scale lisce da seguire a caso, per perdersi del tutto o forse invece ritrovarsi un po’, gli angoli che smussano i propri spigoli. I silenzi e i sorrisi. Gli amici. Scendere due rampe per ritrovarsi sorprendentemente più in alto, sul tetto, scoprirsi fuori, trovandosi non più dentro la nebbia domestica lasciata a casa.
La città dall’alto, i tetti avorio, in un’accozzaglia candida ed elegante. Gli spazi lontani, il deserto, il silenzio. La preghiera al tramonto, la cupola maestosa che da dorata vira al rosa mentre il canto si spegne.
La sensazione di poter stare quassù per sempre. Con queste persone accanto, con questo mondo negli occhi, con questa luce nel cuore e questo bene. Immenso bene.
Anonimo pellegrino
7 agosto: Nazareth, Sefforis, Cana
8 agosto: Corni di Hattin
9 agosto: Monte Harbel, Lago di Tiberiade, Gerusalemme
10 agosto: Gerusalemme
11 agosto: Gerusalemme
12 agosto: Betlemme
13 agosto: Arrivederci