Trekking al campo base dell’Everest
Durata
18 giorni(19 notti)
Il trekking al campo base dell’Everest è un’esperienza unica, che lascerà un segno indelebile nella vita di ognuno.
Pur non trattandosi di alpinismo, è necessario essere persone esperte, ben preparate e ben equipaggiate. E’ richiesta sia una perfetta forma fisica, per tollerare le altitudini impegnative a cui ci porteremo, sia una preparazione fisica adeguata da affrontare prima della partenza (vedere note in fondo al programma).
Programma
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11° giorno
Partenza in serata dall’aeroporto concordato per il Nepal. Pernottamento a bordo.
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22° giorno
Arrivo in mattinata a Kathmandu, la capitale del Nepal. Incontro con i nostri rappresentanti locali, trasferimento e sistemazione in hotel. Resto della giornata a disposizione per un primo contatto con la città.
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33° giorno
Dopo colazione visita di Pashupatinath, la piccola Benares del Nepal, dove si svolgono i rituali delle cremazioni e di Bodnath, il più grande stupa buddista al mondo e meta di pellegrinaggi da tutto il Nepal. Nel pomeriggio trasferimento a Bhaktapur, famosa città medioevale dove è possibile ammirare alcune delle testimonianze dell’architettura nepalese. Bhaktapur è anche famosa per le ceramiche e per la lavorazione dei tessuti.
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44° giorno
Giornata dedicata alla visita della città di Kathmandu, con la zona di Durbar Square, centro vitale della città, di Swayambunath, il più antico stupa del Nepal e di Patan, l’antica capitale di uno dei molti regni della Valle di Kathmandu, con i suoi numerosi palazzi, stupa e pagode. Pomeriggio a disposizione per esplorare il vivace quartiere di Thamel.
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55° giorno
In mattinata trasferimento all’aeroporto e volo di avvicinamento alla regione dell’Everest. Dopo un atterraggio emozionante nel piccolo aeroporto di montagna di Lukla, incontro con la guida sherpa ed i portatori. Partenza per il trekking che ci porterà al campo base della montagna più alta del mondo. Durante questa prima camminata incontreremo i primi yak, bellissime bestie dal vello fluente, che vagano lenti lungo i sentieri bloccando il passaggio; anche se soffrono le basse quote, gli Sherpa se ne servono per trasportare l’attrezzatura da trekking da Lukla al campo base dell’Everest. Sono relativamente docili e tranquilli, ma state attenti alle corna e agli esemplari che, imbizzarriti, corrono giù per i pendii. Arrivo nel pomeriggio a Phakding (2650mt.).
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66° giorno
Da Phakding il sentiero segue la Valle del Dudh Kosi verso nord, mantenendosi circa 100 mt. al di sopra del fiume, sulla riva occidentale. Seguiremo il percorso che sale diritto sulla collina, tralasciando il vecchio sentiero pianeggiante che si dirige verso destra. Attraverseremo dei campi, alcuni lodge a Toktok e arriveremo ad una cascata. Poco distante si gode una bellissima vista della zona a oriente del Thamserku (6608 mt.). Non lontano da Benkar il sentiero attraversa il Dudh Kosi per mezzo di un ponte sospeso costruito nel 1996, e raggiunge la riva orientale. Il sentiero segue un bel percorso lungo il fiume, e poi sale verso Chomoa. In tutta questa parte della pista, i villaggi si alternano a meravigliose foreste di rododendri, magnolie e abeti giganti. Poco dopo Monjo il sentiero si inoltra nel Sagarmatha (Everest) National Park. All’ingresso le guardie forestali controllano il permesso d’entrata per assicurarsi che abbiate pagato la tassa di ingresso e registrano il vostro arrivo. Nel 1979 l’Unesco ha dichiarato il parco Patrimonio dell’Umanità. La salita fino a Namche Bazaar è lunga e conduce verso zone dove sussiste il pericolo reale di avvertire il mal d’altitudine. Per dare modo all’organismo di acclimatarsi, è importante non stancarsi, perciò camminate lentamente su questo tratto. Arrivo nel tardo pomeriggio a Namche Bazaar (3450mt.).
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77° giorno
È importante acclimatarsi prima di spingersi a quote più elevate. Questo è il primo di due giorni dedicati all’acclimatazione che tutti dovrebbero inserire nella propria tabella di marcia. Si può dedicare la giornata ad una escursione a piedi fino a Tham , a una visita di Khunde o Khumjung o a rilassarsi con l’esplorazione di questa caratteristica cittadina.
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88° giorno
Per andare da Namche Bazaar a Thyangboche c’è un percorso diretto, abbastanza pianeggiante, che inizia a Chhorkung; questa strada entra ed esce dalle valli laterali, con piccoli saliscendi, e arriva alle bancarelle di souvenir e tè di Kenjoma, poi si unisce al sentiero che arriva da Khumjung, poco prima di una serie di muriccioli di pietra mani. La vista sull’Everest e sull’Ama Dablam (definita da molti la montagna più bella del mondo) è spettacolare. L’ultima salita che conduce a Thyangboche è molto faticosa, ma verrete ripagati dalla vista dell’imponente monastero buddista (il più grande del Nepal) e soprattutto dallo scorcio suggestivo dei giganti himalayani, Il Kwangde (6187 m), il Tawachee(6542 m), l’Everest (8848mt.), il Nuptse, il Lhotse (8501 m), l’Ama Dablam, il Kantega e il Thamserku. Pernottamento a Deboche.
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99° giorno
Per arrivare a Dingboche, resteremo sul sentiero più largo fra quelli dell’incrocio dopo Orsho, poi scenderemo fino ad un ponte che attraversa il Khumbu Khola a 4130 m. Dal ponte saliremo per circa 45 minuti fino ad una cresta e attraverseremo fino ai lodge di Dingboche (4360 m). Dingboche è un luogo molto piacevole e la vista sulle montagne è incantevole.
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1010° giorno
Da Dimboche prendiamo il sentiero che sale verso il villaggio di Duglha. Da lì la pista sale direttamente sulla morena terminale del Ghiacciaio Khumbu per circa un’ora, poi svolta a sinistra e raggiunge un’area commemorativa conosciuta con il nome di Chukpilhara; vi si trovano una serie di monumenti di pietra eretti alla memoria dei numerosi sherpa morti nelle tante spedizioni alpinistiche sull’Everest. Il sentiero scende un po’ e segue il versante occidentale della valle fino a Lobuche, un villaggio a 4930 mt. che è diventato un importante punto di sosta dei trekking.
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1111° giorno
Il primo tratto del sentiero che parte da Lobuche segue il versante occidentale dell’ampia Valle del Khumbu e sale dolcemente attraverso i prati accanto a una morena di origine glaciale. Pur rimanendo ben tracciato, il sentiero si fa ripido e sconnesso quando attraversa diverse morene laterali. In alcuni punti sotto la morena c’è un ghiacciaio attivo, e questo fa sì che il percorso sia in continua evoluzione. Superata una curva, appare la vetta conica del Pumori. Sulle pendici più basse di questa montagna, un crinale che si protende verso sud termina in una cima minore. Si tratta del Kala Pattar (pietra nera), un monte di 5545 mt. che costituisce il punto migliore da cui ammirare l’Everest. Il sentiero scende quindi brevemente fino alla distesa sabbiosa di Gorak Shep (5150mt.) che, nel 1952, costituì il campo base della spedizione svizzera sull’Everest. In genere si riesce a raggiungere Gorak Shep per l’ora di pranzo. Chi non è indebolito dall’altitudine, nel pomeriggio può salire sul Kala Pattar, una delle esperienze più appaganti del viaggio. Si sale per una o due ore per i ripidi pendii erbosi a ovest di Gorak Shep fino ad una piattaforma ai piedi del Pumori. Da qui, benché non si tratti di un punto particolarmente alto, il versante meridionale dell’Everest è visibile per intero, come il Lho La (il passo fra il Nepal e ilTibet) e il Changtse (la cima settentrionale dell’Everest). Avvicinandosi alla cima del Kala Pattar, si scorge una parte sempre più ampia della vetta del monte Everest; proseguendo per un breve tratto dalla sommità del Kala Pattar in direzione nord sul crinale verso il Pumori, si potrà ammirare in tutto il suo splendore il Colle sud.
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1212° giorno
Il viaggio di andata e ritorno da Gorak Shep al campo base richiede circa sei ore ma anche di più se nessuna spedizione è passata di recente, contribuendo a mantenere in buone condizioni un sentiero che muta in continuazione. Il percorso segue il Ghiacciaio Khumbu, a volte sulle morene a volte sul ghiacciaio stesso; questo tratto è particolarmente suggestivo grazie alle splendide vedute dei seracchi alti 15 mt., tipici dei ghiacciai himalayani. Il Campo base dell’Everest non è in realtà un’area ben definita: le diverse spedizioni hanno scelto punti diversi in cui allestire un campo semi-permanente che servisse da base durante i loro tentativi di scalare la montagna. Alcuni di questi punti sono riconoscibili dai detriti lasciati sul ghiacciaio a quota 5360 mt. o più. Il viaggio al campo base, benché ricco di fascino, non è paragonabile per spettacolarità alla scalata del Kala Pattar, in quanto dal campo base l’Everest non è visibile. Rientro a Lobuche e pernottamento a Pheriche a 4240mt.
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1313° giorno
Ormai siamo allenati e la discesa verso Tashinga diventa una piacevole camminata. Superiamo i numerosi pascoli di yak e proseguiamo fino all’imboccatura della Valle di Imja. Da qui il panorama è spettacolare ed è facile riconoscere l’lsland Peak (6189 mt.). Il suo nome inglese (che equivale a “vetta isolata”) lo descrive perfettamente. Il Makalu (8463 mt.) è il monte grigioverde che si scorge in lontananza sopra il passo, a destra dell’Island Peak. Scenderemo fino al villaggio di Shomare e proseguiremo fino a Pangboche che raggiungeremo nel pomeriggio. Possibilità di visitare il gompa (monastero buddista) del villaggio. Pernottamento a Tashinga.
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1414° giorno
In mattinata ci rimetteremo in cammino verso Monjo. Attraverseremo il Dudh Kosi e dopo aver costeggiato i villaggi sherpa di Thesinga e Sanasa, arriveremo a Namche Bazar e ci dirigeremo verso l’uscita del Parco Nazionale. Proseguimento verso Monjo e pernottamento.
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1515° giorno
Partenza in mattinata per Lukla, villaggio di partenza e fine di questo trekking. Pranzo previsto nel villaggio di Phakding. Nel pomeriggio arrivo al villaggio di Lukla, sistemazione in albergo e serata a disposizione.
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1616° giorno
In mattinata ci imbarcheremo sul volo di ritorno per Kathmandu. Dopo un decollo mozzafiato, impiegheremo circa quaranta minuti a raggiungere la città. Sarà un brusco ritorno al rumore e alla frenesia della capitale del Nepal. Sistemazione in hotel e giornata a disposizione.
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1717° giorno
Giornata” jolly” da sfruttare in caso di cancellazione del volo da Lukla.
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1818° giorno
In mattinata trasferimento in aeroporto per il volo di ritorno in Italia. Termine dei servizi.
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La parola “trekking” è stata usata per la prima volta negli anni ’60 per descrivere le passeggiate in Nepal. Un trekking in Nepal normalmente implica un viaggio a piedi di più giorni, su sentieri tradizionalmente usati come vie di comunicazione e per scambi commerciali. Il trekking non è alpinismo e non richiede particolari doti. E’ necessario però un livello adeguato di preparazione fisica e un atteggiamento positivo ed entusiasta.
Preparazione fisica
Come per ogni altro sport (ad esempio lo sci di fondo, il ciclismo e la marcia), l’escursionismo può venire praticato con risultati migliori se in possesso di un adeguato allenamento. Il suo scopo è quello di permettere al nostro organismo di affrontare situazioni, come ad esempio la marcia in salita per svariate ore, per le quali non è preparato e che sarebbe in grado di superare solo a prezzo di grandi fatiche. L’allenamento diventa quindi necessario soprattutto per chi svolge un’attività sedentaria per tutta la settimana come succede alla maggior parte di noi. Affrontare fisicamente preparati un’escursione vuol dire innanzitutto sicurezza. La fatica è uno dei maggiori nemici dell’escursionista, tanto è vero che la maggior parte degli incidenti avvengono nella fase di ritorno, quando appunto l’attenzione è ridotta per la stanchezza. Ma anche per le camminate più semplici l’essere stanchi vuol dire non divertirsi, non apprezzare le bellezze della natura e dei luoghi attraversati.Consigli pratici per l’allenamento
• Inizio graduale sia come durata che come entità dello sforzo fisico, soprattutto dopo un lungo periodo di inattività fisica. L’allenamento va iniziato alcuni mesi prima. Per quanto riguarda la durata, nel caso ad esempio della corsa, conviene iniziare con periodi di cinque minuti alternati con periodo di cammino di circa 5-10 minuti per circa 30 minuti se la forma fisica è scarsa, oppure aumentare opportunamente questi tempi se le condizioni sono migliori. Tali tempi verranno poi gradualmente aumentati ogni tre-quattro sedute di allenamento.
• Il migliore allenamento è quello specifico o il più attinente possibile allo sport praticato (marcia per marcia, nuoto per nuoto ecc.). Nel caso del trekking, tuttavia, anche sedute infrasettimanali in città di marcia, corsa, ciclismo sono molto utili, poiché sono sport che anch’essi mettono in movimento grandi masse muscolari e possono così indurre quelle modificazioni del nostro organismo che vogliamo ottenere con l’allenamento.
• L’optimum dal punto di vista teorico per avere una forma ottimale sarebbe di praticare almeno tre sedute di allenamento settimanale, ma dato che ciò è ben difficile da farsi per tutti quelli che lavorano, ci si può accontentare di una soltanto.
• Monitorare la frequenza cardiaca: essa deve rimanere al di sotto di 100-120 battiti al minuto. Lo sforzo, soprattutto all’inizio, deve essere moderato senza mai dare origine a mancanza di fiato o fatica eccessiva.
• E’ buona norma anche eseguire delle sedute di ginnastica specifica per acquistare agilità e scioltezza e in particolare per rinforzare la muscolatura delle braccia e quella addominale e lombare, particolarmente deficitaria in tutti coloro che svolgono lavori sedentari.
• E’ inoltre utile il supporto di un’alimentazione adeguata (sia come contenuto calorico e vitaminico che come digeribilità dei cibi) e delle comuni norme di igiene della vita (evitare l’abuso di fumo e di alcool).
• E’ infine importante mantenere una buona attività fisica anche nella stagione autunnale e invernale (camminate, sci di fondo, corsa, ciclismo) che permetterà di mantenere costante il livello della forma atletica e soprattutto ci darà quel senso di benessere che crea un buono stato di efficienza fisica.L’acclimatazione in montagna
Man mano che ci si innalza in quota in montagna, diminuisce la pressione atmosferica che deriva dalla somma di tutti i gas presenti nell’aria. Al livello del mare essa ha un valore di 760 mm Hg, in vetta al Gran Sasso (2914 m) decresce a 525 mm Hg, sul Monte Bianco risulta di poco superiore a 400 mm Hg, tocca infine il minimo sull’Everest con 240 mm Hg. A tale diminuzione di pressione si accompagna naturalmente una proporzionale diminuzione della pressione dell’ossigeno presente nell’aria, che per altro mantiene inalterato il suo valore in percentuale (circa il 21 % della pressione totale).
L’organismo umano entro certi limiti è in grado di adattarsi a queste variazioni allo scopo di limitarne le conseguenze.
• Adattamento respiratorio: aumenta la profondità del respiro e della frequenza degli atti respiratori (iperventilazione). E’ un riflesso indirettamente provocato dall’ipossia, cioè dalla scarsa concentrazione dell’aria respirata e ha lo scopo di rinnovare più rapidamente l’aria a disposizione dei polmoni. Dopo qualche giorno di acclimatazione l’iperventilazione diminuisce, man mano che gli altri meccanismi di adattamento permettono una migliore utilizzazione dell’ossigeno disponibile.
• Adattamento del sangue: se il soggiorno ad altezze elevate si protrae per qualche settimana, aumenta il numero di globuli rossi nel sangue allo scopo di favorire il trasporto di ossigeno.
• Adattamento cardiaco: il cuore nei primi giorni (ad una quota superiore ai 1000 metri) aumenta la propria portata, pompa cioè una quantità di sangue maggiore, per stabilizzarsi successivamente a livelli di portata un poco minori, ma sempre superiori a quelli osservati al livello del mare. Solo ad altezze molto elevate (oltre 3500-4500 metri), si osserva una diminuzione della portata cardiaca.
Nei primi giorni di quota, il sistema di trasporto dell’ossigeno nell’organismo non ha la sua efficacia abituale. Ciò si traduce in una diminuzione della capacità di sforzo che può essere considerevole soprattutto se il soggetto è stato trasportato rapidamente in alta quota. L’acclimatazione, per alcuni giorni senza eccessivi sforzi, permette quindi un graduale ritorno dell’organismo ad uno stato vicino alla norma. Rimane tuttavia una diminuzione dello sforzo massimale, dovute a cause sia muscolari-metaboliche sia cardiache. Accanto a queste alterazioni funzionali, vi sono talvolta nel soggiorno in alta montagna modificazioni della funzione psichica, come difficoltà di concentrazione, turbe della memoria e alterazioni dell’umore, che vanno da uno stato di lieve euforia sino alla depressione. Questi sintomi hanno in genere una regressione spontanea nel giro di qualche giorno. Col progredire dell’altezza raggiunta (oltre i 3000-3500 metri), si fa più frequente uno stato di depressione e apatia, con diminuita efficienza psichica e alterazioni del ciclo sonno-veglia. Tutto ciò è però variabile da individuo a individuo ed è condizionato da numerosi altri fattori come il clima, l’isolamento, eventuali situazioni di pericolo ecc. I soggetti sani, in quota (al di sopra dei 2500-3000), manifestano modeste alterazioni funzionali come il senso di palpitazione e di affanno. Queste alterazioni sono tanto più nette quanto più i cambiamenti di altezza sono importanti e rapidi, senza cioè periodo di acclimatazione. Il soggetto affetto da mal di montagna, si lamenta di sensazione di malessere generale o astenia intensa, cefalea, nausea e vomito, vertigini, modificazioni della personalità (irritabilità o abulia). A differenza dei comuni sintomi di ipossia prima citati, a insorgenza pressoché immediata, esiste in questo caso un intervallo di 6-34 ore tra l’ascensione in quota e l’esordio dei sintomi. La comparsa di segni iniziali impone l’arresto dell’escursione e le tempestiva discesa a valle, altrimenti la cefalea e gli altri sintomi possono peggiorare fino a gravi turbe dello stato di coscienza. Frequentemente, la componente respiratoria è prevalente, la sensazione di affanno si fa sempre più grave con comparsa di colorito bluastro alle labbra e alle mani (cianosi); si può avere allora il caso di edema polmonare da alta quota che se non trattato con tempestività porta alla morte. L’edema polmonare è favorito anch’esso dalla rapidità dell’ascesa e dall’entità del dislivello compiuto; guarisce rapidamente con la somministrazione di ossigeno e con la rapida discesa a quota inferiori. La prevenzione nei confronti del mal di montagna e dei sintomi minori, oltre che, evidentemente, con un adeguato periodo di acclimatazione, può essere ottenuta con l’assunzione di un farmaco, l’acetazolamide (Diamox), blando diuretico che contrasta l’accumulo di composti alcalini dovuti all’aumento della respirazione. Il Diamox va somministrato per brevi periodi di tempo durante la salita e nei primi giorni di soggiorno in quota, alla dose di 250-500 mg al dì (consultare comunque il parere del vostro medico). Esiste sicuramente una suscettibilità personale al mal di montagna oltre alla mancanza di una progressiva acclimatazione durante la salita. L’assuefazione graduale alle grandi altezze per soggetti abituati a vivere al livello del mare, occorre ribadirlo ancora, è l’unica prevenzione efficace verso il mal di montagna, indipendentemente dall’aiuto dato dai farmaci. L’ipossia, il freddo, lo sforzo fisico, l’aumento della respirazione possono anche alterare il sonno nelle prime notti in quota, provocando difficoltà nell’addormentarsi, frequenti risvegli, insonnia alla fine della notte con cefalea e nausea. Se si intende passare poche notti in alta quota il problema è relativo, anche perché non sembra che il disturbo dato dal non dormire influenzi significativamente il rendimento fisico. Diverso è il discorso per lunghi soggiorni per la possibile insorgenza di disturbi psicologici e fisici. “Siate preparati nello spirito, per aver riflettuto in anticipo su ogni accidente o situazione che possa presentarsi, in modo da sapere la giusta cosa da fare al momento opportuno ed essere decisi a compierla”.Una giornata tipo
Un tipico giorno di cammino dura dalle 5 alle 7 ore a velocità ragionevole e comprende diverse salite e discese. Si trascorre davvero poco tempo alla stessa altitudine! Normalmente ci si alza presto (prima delle 7), si prepara il bagaglio per i portatori che devono dividersi il carico e che preferiscono partire prima del gruppo, e si fa colazione. Durante il trekking ci si ferma per uno spuntino in tarda mattinata e per una o due soste. Si giunge a destinazione alle 15 o 16 del pomeriggio. Non ci si deve preoccupare se i portatori non arrivano con noi. Spesso prendono tempo, fermandosi e riposandosi nei tratti che intervallano le parti più faticose del tragitto.
Durante il trekking si è generalmente accompagnati da guide sherpa professionisti che aiutano a mantenere un passo appropriato per un’ottima acclimatazione. Le guide aiutano anche a rispettare i propri limiti quando si cammina ad altitudine elevate, ricordando di fermarsi e riposarsi, di bere molti liquidi e di mangiare (l’altitudine può portare ad una perdita dell’appetito).
Può sembrare un suggerimento piuttosto banale, ma molte persone soffrono di mal di montagna proprio perché non rispettano regole basilari come queste! Le guide aiutano anche a osservare alcune regole igieniche necessarie come, per esempio, il fare attenzione all’acqua che si beve, che può essere inquinata dai rifiuti organici. -
Di seguito la lista dell’attrezzatura e dei medicinali che è opportuno avere per effettuare un trekking come il nostro. Il tutto impreziosito da alcuni importanti consigli. Naturalmente, queste indicazioni sono utili per qualsiasi tipo di trekking simile a quello che faremo noi.
Lista del materiale individuale
Scarpa leggera da trekking | Scarpone (preferibilmente Goretex) | Sandali in plastica x lodge | 2 paia calzettoni pesanti | Alcune paia calzetti leggeri da trekking | 1 o 2 pantaloni lunghi da trekking | Pantaloncini corti | Tuta ginnastica per lodge | Calzamaglia leggera | Copri-pantaloni antivento | Magliette varie cotone o capilene | Felpa leggera | Felpa pesante | Gilet leggero in piuma (utile averlo sempre in zaino visto il poco peso) | Giacca di piumino, Duvet | Giacca a vento (preferibilmente Goretex) | Mantellina leggera plastica x pioggia | Guanti di lana o guanti da sci caldi | Berretto tela | Berretto lana o pile | Occhiali da sole (meglio due paia) | Sacco lenzuolo x lodge | Sacco piuma minimo tenuta -10 gr | Federa cuscino da casa | Asciugamano medio in microfibra x doccia | Spugnetta tipo cucina da usare dopo doccia x asciugarsi | Coltellino | Borraccia termica | Rotolo nastro da pacchi o cerotto | Pila frontale con ricambi | Pila di riserva | Rotolo carta igienica | Sacco plastica nera tipo spazzatura da inserire nel borsone viaggio in caso di pioggia | Candela e accendino | Sapone da bucato con porta sapone in plastica | Busta porta documenti e denaro da tenere sempre addosso | Lucchetto, meglio a combinazione, x borsone trekking | Barrette energetiche (scatola) | Caramelle e penne biro x i bambini dei villaggi | Kit crema solare, burro cacao, collirio, cerotti x vesciche (Compid) | Piccolo kit pronto soccorso personale* | Borsone da trekking (spesso fornito dall’agenzia) | Zainetto personale 30Lt/35Lt | Bastoncini telescopici da trekking
N.B. Durante il trekking ci si può lavare la biancheria intima: calzettoni, magliette, mutandeMedicinali e Kit personale
Agumentin e Bactrim (antibiotici) | Tachipirina x abbassare eventuale febbre | Profilassi anti-tifica (serve ad evitare all’80% le conseguenze spiacevoli della dissenteria) con 3 semplici pastiglie da prendere alcuni giorni di partire | Profilassi antitetanica | Acetazolamide (Diamox) |
Antistaminico (serve x eventuali allergie) | Sali minerali (tipo Polase) | Aspirine | Antidiarroici | Antinfiammatori (tipo Oki in bustina) | Crema per punture insetti ecc | Disinfettante | Cerotti e garze varie | Medicinali x bronchiti e antitosse | Eventuali medicinali personali -
– Non bere mai acqua se non bollita (thè o caffè).
– Si trovano sempre acqua minerale, bibite, birra ecc: in quota bere molto.
– Non mangiare frutta se non sbucciata e verdura solo se cotta.
– Mangiare alla sera preferibilmente zuppe o noodles perché reintegrano i sali persi durante la giornata.
– A mezzogiorno ci sono ottimi piatti di riso con verdure, carne o uova.
– Fare al più presto la doccia nei lodge x avere la sicurezza di avere acqua calda.
– Avere sempre rupie nepalesi x pagare gli extra, non euro o dollari.
– Predisponete una borsetta-zainetto da lasciare al responsabile dell’agenzia nepalese di trekking con vestiti, scarpe, ricambi per il viaggio di ritorno.
– Portarsi dietro fotocopia passaporto.
– A fine viaggio fare colletta di soldi x portatori e sherpa. Decidete voi in base al servizio avuto (per i portatori potete dare circa 10/20 euro a testa a fine viaggio. Lo stesso allo sherpa. Accettano volentieri anche vestiti e scarpe vecchie).
– Acquistare in una delle tante librerie di Kathmandu una cartina relativa al trekking programmato.
– Procurarsi un vocabolarietto italiano-nepalese. La lingua nepalese è facile da imparare e anche poche parole imparate rendono più piacevole e facile il rapporto con le gente del posto. Non sottovalutate questo aspetto.
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